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Thomas Trabacchi: «Fare il padre è il ruolo più difficile del mondo»

Attore di spessore che si divide tra cinema e TV sempre con un’estrema eleganza, Thomas Trabacchi è un artista capace di raccontare, attraverso i personaggi che interpreta, la realtà di ogni tempo.

Lunedì 23 marzo Thomas Trabacchi tornerà su Rai1 con il film in prima visione “La concessione del telefono'”, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri e diretto da Roan Johnson. Una storia ambientata nella Sicilia del 1856, nell’immaginaria cittadina di Vigàta, dove vivono personaggi satirici e reali. Una grande sfida per Trabacchi, che si conferma un attore camaleontico, capace di spaziare da un genere all’altro. Eppure, se gli chiedi quale è il ruolo più difficile e bello del mondo risponde senza esitazioni: il papà.

È un momento difficile per tutti noi. Come stai vivendo questa particolare situazione?

Io e la mia famiglia siamo a 40 km da Roma, da due settimane. Stiamo trascorrendo queste giornate in una casa molto semplice, immersa tra gli ulivi. Possiamo fare delle passeggiate con il cane, in mezzo alla natura. Eravamo arrivati prima che ci fossero i decreti governativi, pensando di restarci per pochi giorni, ma invece siamo rimasti “bloccati” qui. Rispetto alla capitale, qui c’è una situazione più calma e meno angosciante. A Roma c’è il mio primogenito, che è un ragazzo in gamba e sta rispettando la regola di restare a casa. Eppure, penso a quanti giovani facciano fatica a rispettare questa decisione e si trovino a trasgredire le regole. Escono, corrono nei parchi ed è difficile tenerli in casa. Bisogna gestire la pandemia e non aumentare questo contagio che sembra quasi non avere più un freno.

Lunedì 23 marzo ti vedremo su Rai1 nel film “La concessione del telefono”, tratto dal romanzo di Andrea Camilleri. Che ricordo hai di questo grande scrittore?

La scrittura di Andrea Camilleri è nobilissima. Il suo pensiero era luminoso. Per me ha rappresentato uno degli intellettuali più grandi del nostro tempo. Non avevo mai preso parte ad un progetto cinematografico ispirato dai suoi libri, ed è stato bellissimo.

Ci descrivi il tuo personaggio?

Interpreto il questore Monterchi in un pamphlet assolutamente divertente. Il disincanto è un classico di Camilleri. Si fa beffa della realtà con ironia e leggerezza. La leggerezza è una dote rara delle persone profonde, non ha nulla a che vedere con la superficialità. Camilleri racconta che molto spesso il pregiudizio va a braccetto con la follia, e riesce ad imporsi come istituzione sociale. L’ignoranza e la follia, il più delle volte, quando vengono messe insieme in un contesto di disattenzione sociale, riescono a rovinare la vita delle persone. Il mio personaggio è una piccola voce fuori dal coro. È una brava persona che fa bene il proprio lavoro, un funzionario il cui operato ti fa credere nello Stato.

Thomas Trabacchi in una scena del film “La concessione del telefono”
Come è stato per te catapultarti nella Sicilia di fine ‘800?
Quando ti appresti ad interpretare un personaggio storico, è inevitabile documentarsi in modo libero. Ho letto molto, ho guardato dei filmati e delle foto dell’epoca. Ho cercato di capire le persone che vivevano quel periodo. Sono  stato aiutato molto dai costumi dell’epoca, preparati per questo progetto. Il mio personaggio è l’unico uomo che viene dal Nord e ho potuto recuperare la mia esperienza reale. È un uomo che ha imparato a conoscere la Sicilia, dove vive e lavora.
Thomas Trabacchi con Luisa Ranieri in una scena de “La vita promessa 2”
Sei reduce dal successo della serie “ La vita promessa” ma anche della serie “Liberi Tutti”. Che esperienze sono state?
Due esperienze straordinarie. “Liberi Tutti” è un lavoro a cui sono molto legato. I registi Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo sono due artisti interessantissimi, che hanno un taglio molto originale e spontaneo. La morte di Mattia Torre, collega dei due registi, ci ha toccati ed uniti. Abbiamo vissuto un set molto coeso. Lavoravamo in un posto vicino Roma, quasi in campagna e lì si è creata un’atmosfera piacevole e fortunata. È stata un’esperienza straordinaria e spero che si possa realizzare la seconda stagione. Siamo in attesa di sapere se si farà.
Ugo Dighero, Giorgio Tirabassi e Thomas Trabacchi in una scena di “Liberi Tutti”

So che vorresti esordire come regista per raccontare una storia, alla quale tieni molto. Ce ne parli?

Ho una storia molto personale e dinamica, in qualche modo autobiografica, che ho scritto nel corso degli ultimi anni. Ci terrei molto a dirigerla. Sono un attore e amo raccontare le storie. Voglio provare a gestire la macchina da presa, da un punto di vista diverso dal mio solito.

Oggi è  la festa del papà. Che padre pensi di essere?

Essere padre è il mestiere più difficile del mondo. Ho due figli, il primo ha diciotto anni mentre il secondo, avuto con la mia compagna, ne ha compiuti quattordici. Sono un papà che ama molto i suoi figli. Credo anche di essere un genitore presente per loro. Nonostante il più grande abbia vissuto abbastanza presto la separazione, ho un creato un bel legame con lui. Come tutti i genitori del mondo, inciampo negli errori e nelle dinamiche che si creano tra padre e figli. Questo rappresenta sicuramente un periodo difficile per educare i nostri figli. In loro c’è la voglia di scoprire il mondo, ma anche la paura di affrontare le difficoltà  della vita. Ma credo che bisogna ricordarsi di quando siamo stati giovani noi, per riuscire a comprendere la crescita e la voglia di scoprire dei ragazzi. Stamattina, il mio secondo figlio mi ha fatto una sorpresa inaspettata per questa festa del papà ed è stato davvero emozionante. Loro mi amano, ed io amo loro. Ogni tanto mi sento inadeguato, ma provo ad essere un buon padre.

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