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“Isolation”: cinque Paesi, cinque autori, cinque storie di isolamento

Presentato a Venezia 78 per le Giornate degli Autori, Isolation è un’opera collettiva con cinque cortometraggi della durata di 15 minuti ciascuno. Un racconto del dramma pandemico raccontato attraverso lo sguardo di cinque registi di nazionalità diverse. Per l’Italia Michele Placido, per la Germania Julia Von Heinz, per la Svezia Olivier Guerpillon, il regista inglese Michael Winterbottom e il belga Jaco Van Dormael.  

“Isolation” è un docufilm collettivo su cosa abbia vissuto un’Europa che si trova a fare i conti con uno spettro del passato.

Quella che credevamo un lontano racconto manzoniano, torna sotto altra forma, con un nuovo nome, ma semina ugualmente paura, angoscia, solitudine; giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mentre uomini e donne si infettano a decine di migliaia. La nuova peste si chiama Covid-19. “Isolation” sarà nelle sale cinematografiche a partire il 4, 5 e 6 ottobre.

Ad aprire il docufilm “La Morte Addosso”, di Michele Placido. “Isolation” come solitudine

File di camion militari portano via pile di bare verso i cimiteri, mentre i familiari sono costretti a restare nelle loro case, e un’Italia chiusa e spaventata, rannicchiata dietro ai televisori, assiste attonita senza poter neanche poter portare un fiore sulle tombe dei propri cari. Un’Italia che si scopre sola, come solo è Francesco I che, in una piazza san Pietro livida di pioggia, rompe un silenzio opprimente parlando al vuoto, mentre l’antico colonnato lo avvolge come due braccia sconsolate. Un’Italia e un’Europa che assistono impotenti al crescere inarrestabile del numero dei morti, mentre un Michele Placido, solo, si aggira per Roma, Firenze e Milano con il suo cellulare nutrendosi di arte e incontrando Roberto Bolle e Andrea Bocelli. 

“Tho Fathers” di Julia von Heinz

Il secondo episodio è “Tho Fathers” della regista tedesca Julia von Heinz: “Isolation” come incapacità di rivelare se stessi. “Tho Fathers” riflette un isolamento diffuso nella Germania del secondo dopoguerra, per la quale la supremazia maschile resta un valore incontestabile. Il giorno precedente all’inizio del lockdown, Julia von Heinz perde suo padre. Solo allora scopre che era da sempre omosessuale e aveva condotto una doppia vita incapace di fare coming out.  Un racconto intimo, che mette in luce i contrasti di un popolo che affonda le sue radici in una società con un passato difficile da dimenticare.

Liberty, Equality, Immunity”: il contributo del regista svedese Olivier Guerpillon

“Come sono sopravvissuto alla strategia svedese – racconta lo stesso Guerpillon – è diventato un saggio filmico basato sul montaggio di diversi materiali audiovisivi. Si inserisce nella tradizione di Mekas, Marker e Godard, con un tono umoristico e una buona dose di ironia. Attraverso telegiornali, estratti di social media, immagini dell’anno passato e ricorrenti citazioni cinematografiche dai film che mi hanno tenuto in vita durante la mia quarantena (volontaria), il cortometraggio espone come e perché la Svezia ha scelto un approccio difettoso alla pandemia, il che porta ad una riflessione sui fondamenti etici e morali di una società.

Fin dove possiamo spingerci come gruppo per salvare i più fragili tra di noi? La riflessione – continua Guerpillon- è sovrapposta a quella sulla mia identità come cineasta francese in esilio, che sente una crescente alienazione in un paese adottivo, che ho imparato ad amare, mentre la popolazione attorno a me si lascia andare ad un più assurdo attacco di nazionalismo: la difesa ad ogni costo di una politica sanitaria nazionale fallita e del suo architetto, un incolore epidemiologo di dubbia competenza, inaspettatamente assurto al rango di icona nazionale”.

"Isolation", l'opera collettiva a Venezia 78
La locandina di Isolation

“Mourning in the time of Corona Virus” di Jaco Van Dormeael

È il cortometraggio del regista belga sull’“Isolation” degli anziani nelle case di riposo. Il sottotitolo potrebbe essere: quando la stupidità diventa pandemia. Una storia intima raccontata con lucidità e delicatezza. Il suocero del regista muore in una casa di cura senza che la figlia, Anne, abbia avuto la possibilità di salutarlo. Un dramma non solo belga. Anche lì, come in Italia, le case di riposo non sono in grado di gestire una simile tragedia, anche lì vengono impedite le visite, anche lì gli isolati vengono lasciati soli. In un Paese dove un ministro della salute dichiara che “indossare la mascherina non ha senso da un punto di vista scientifico”. Van Dormael testimonia i fiumi di parole versati da una classe politica inadeguata, che vede scorrere davanti agli occhi, ignorandole, la morte, la solitudine, l’isolamento. Una classe politica che usa l’arroganza per nascondere l’incapacità. 

"Isolation", l'opera collettiva a Venezia 78

Anne dà l’ultimo saluto al padre tramite un iPad. Positivo al Covid-19: era stato messo in isolamento insieme agli altri pazienti infetti. Mourning in the time of Corona Virus è un appello ad usare la conoscenza per uscire dal gregge. 

“Isolation” del regista Michael Winterbottom

Il cortometraggio inglese che chiude il docufilm. “Isolation”, questa volta, è quella di esseri umani fantasmi: i richiedenti asilo nel Regno Unito. Michael Winterbottom testimonia una nazione dove il Primo Ministro si rivolge al popolo con discorsi pieni di speranza. Ma quale popolo?  Ai richiedenti asilo non è permesso lavorare. I loro figli non vanno a scuola. Il limbo che il lockdown ci ha costretti a vivere, nel loro caso dura anni, in attesa che una sliding door si apra e li faccia entrare nel mondo reale. Forse. 

"Isolation", l'opera collettiva a Venezia 78

La cultura occidentale da tanto aveva allontanato la morte. Guerre, tragedie umane, riguardavano sempre altri popoli, altre nazioni. Cinema e televisione avevano creato uno schermo protettivo, ma anche un modo di spettacolarizzazione che aveva trasformato la morte in un personaggio cinematografico. A noi la scelta se vedere o cambiare canale. Nel nostro piccolo, avevamo messo anche noi uno schermo protettivo tra noi e la morte: i nostri cari muoiono quasi sempre in ospedale o in strutture ad hoc. La morte, stanca di essere trattata come un ospite indesiderato, come un fastidio, è tornata prepotentemente nelle nostre vite. Ha camminato solitaria nelle nostre strade vuote, nei nostri spazi comuni chiusi, nei nostri centri commerciali deserti, ci ha stanato nascosti nelle nostre case. Nessun posto era più sicuro. Eravamo tutti in guerra: come chi ci vive da anni, come chi con la morte gioca a scacchi ogni giorno. Stavolta la morte non riguarda solo “gli altri”. Stavolta siamo tutti “altri”, anche noi. 

Noi che non possiamo più vivere in Isolation. 

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