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“La Ballata dei Gusci Infranti”, un film sul sisma del 2016 che parla di precarietà e di sentimenti

https://youtu.be/AtbrMrQUws8
Esce in sala dal 31 marzo “La Ballata dei Gusci Infranti”, opera prima di Federica Biondi, prodotto da Linfa Crowd 2.0 e Muvlab. Il film è ispirato al sisma nel Centro Italia del 2016

“Come d’autunno si levan le foglie una appresso all’altra”. Inizia così “La ballata dei gusci infranti”, con il ricordo di quelle foglie precarie che Ungaretti paragonava alla vita. Un titolo alla De André, per un film sulla fragilità dei nostri gusci: la nostra casa, la nostra famiglia, le nostre abitudini, il nostro paese magari millenario. Un guscio che può rompersi da un momento all’altro, con un terremoto, una guerra, una pandemia.

Quattro corti per un film, girati nell’arco di tempo che va da marzo a ottobre dell’anno del lockdown nei luoghi distrutti dal terremoto del 2016, mentre la campagna marchigiana cambia i suoi colori, i suoi profumi. Quattro set diversi per creare una storia tessuta intrecciando fili, come un antico pizzo offidano. Questo il film diretto da Federica Biondi in uscita il 31 marzo al cinema.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Nel cast Caterina Shulha, Simone Riccioni, Paola Lavini, Miloud Benamara, Barbara Enrichi, Samuele Sbrighi, Lina Sastri e Giorgio Colangeli. Il brano “La ballata dei gusci infranti” (Visory Records) del cantautore Random è disponibile su tutte le piattaforme digitali. 

“La Ballata dei Gusci Infranti”, la sinossi del film

Siamo nel 2016 in una comunità ai piedi dei Monti Sibillini nel cuore dell’Italia dove vivono quattro famiglie irrimediabilmente legate ad un destino comune. Al centro del racconto c’è Jacopo (Samuele Sbrighi), che vive in mezzo alla natura e la attraversa sempre a piedi, cita Dante e conosce tutti, pur restando ai margini.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Si fa amico un giovane parroco africano (Miloud Mourad Benamara) appena arrivato a gestire una piccola parrocchia. Fra emarginati ci si intende e ognuno a modo suo sa accogliere le stranezze dell’altro. Jacopo è il figlio di Alba (Lina Sastri) e Dante (Giorgio Colangeli), attrice lei e drammaturgo lui.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Ritiratisi in una casa isolata sull’Appennino marchigiano, i due artisti dedicheranno alla comunità che li ha accolti ormai da anni il loro ultimo spettacolo, una rielaborazione del Paradiso di Dante Alighieri. A pochi chilometri di distanza, proprio a ridosso dei Sibillini, c’è la fattoria di Lucia (Paola Lavini) che si ritrova all’improvviso a condurre l’azienda da sola, abbandonata dal marito, attratto da una vita più facile. Tenterà di aiutarla Jacopo, con cui Lucia baratta spesso del formaggio per un pugno di noci, e insieme, un po’ a casaccio, sapranno riorganizzare la fattoria.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

In un borgo vicino, abitano David (Simone Riccioni) ed Elisabetta (Caterina Shulha) che vivono l’attesa del primogenito tra la paura del futuro e le prima sinistre scosse di terremoto. Nella tensione molteplice del momento, i ragazzi vedono infrangersi le fondamenta e le certezze del loro amore. E un giorno, all’improvviso, ogni desiderio di futuro, ogni progetto, ogni intenzione s’infrange contro l’orrore di un fortissimo terremoto. Un evento tragico che farà perdere a tutti qualcosa, spezzando la quotidianità e l’equilibrio della loro vita. Dalle macerie e dal dolore nascerà poi la forza e la capacità di andare avanti, di sopravvivere e ricominciare, che spingerà ancora di più i nostri protagonisti l’uno accanto all’altro.

Recensione de “La Ballata dei Gusci Infranti”

Un film che parla di precarietà, di attaccamenti, di diffidenza, di sentimenti. Di fili che si spezzano e di altri che si riannodano. Di casa: di Jacopo felice del suo guscio di lumaca, la sua roulotte, e di don Ghali, il prete africano che ha dovuto imparare a non attaccarsi a nessuna casa, che non ne avrà mai una. E di accoglienza, come quella che don Ghali, che è già fuggito da un guscio rotto, offre in segno di gratitudine per essere stato accolto.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Dove «il sentiero per il paradiso inizia all’inferno»  e dove «siamo ancora vivi e quindi uscimmo a riveder le stelle» , come recita Jacopo. Ma per vederle veramente quelle stelle, come lumache alle quali è stata frantumata la casa, rotto il guscio più intimo, quello che contiene un io piccolo e isolato, dobbiamo recuperare la nostra identità di esseri umani, ricucendo i fili invisibili che ci legano gli uni agli altri. Accolti in un’antica chiesa senza tetto, i sopravvissuti imparano a condividere cibo in una sorta non di ultima, ma di prima cena. Un film che contiene perle di teatro, come le scene girate con Lina Sastri e Giorgio Colangeli. 

Il film nelle parole di Lina Sastri e Giorgio Colangeli

Alla Casa del Cinema di Roma, dove la pellicola è stata presentata, i due attori hanno raccontato l’esperienza con un cast giovane e un progetto innovativo nel quale hanno creduto e del quale sono felici di aver fatto parte.

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Lina Sastri: «Un titolo impegnativo, ma dà l’idea del film»

«”La ballata dei gusci infranti” è un titolo impegnativo ma dà l’idea del film. Esce ora, dopo il covid, mentre ci troviamo in un guerra che ci tocca. In un terremoto, reale o sociale che sia, le persone perdono ogni riferimento e si uniscono. Quando ho iniziato le riprese ero reduce dalla perdita di mio fratello, un lutto che mi aveva disequilibrato. Cercavo un appiglio e il mio è un personaggio che non lo trova. L’unica cosa che il terremoto porta nella vita di Alba è un rapporto ritrovato col figlio che era stato escluso dal rapporto esclusivo che lei aveva sempre avuto col marito. Un figlio che guardava da fuori una finestra l’amore dei genitori. Alla fine lei lo ritrova. Una nota del film è che non è consolatorio».

"La Ballata dei Gusci Infranti", recensione del film

Giorgio Colangeli: «Un film che parla della fragilità dell’uomo»

«Quando ho iniziato a lavorare al progetto, mi accingevo a fare la Divina Commedia al teatro Argentina di Roma. Tutta a memoria. Ho preso i giorni durante i quali abbiamo girato, come una pausa per prendere fiato. Mi sono ricreato in posti bellissimi, dove anche il semplice panino era ottimo. Il mio personaggio, Dante, esce dalla storia col terremoto. Non vive la tragedia: la morte non ti avvisa mai, arriva. Dante è un fortunato che muore all’improvviso, ma che lascia tutto incompiuto, anche il rapporto col figlio. Affrontare il tema del terremoto, l’ho trovato un modo per parlare di solidarietà e coesione. È un film che parla della fragilità dell’uomo ed è assurdo che ci si combatta quando dovremmo sostenerci».

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