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Caterina Sacchet, enologa: «Ho avuto difficoltà in un mondo molto maschile, ma non mi sono lasciata intimorire»

Caterina Sacchet
Non ci sono granduchi o marchesi alle spalle di una delle più belle realtà vitivinicole toscane, ma due ragazzi e un sogno. 

La Toscana raccontata dalla Carpineto, non è la terra dei grandi del Rinascimento, ma un mondo fatto di angoli nascosti e quotidiani, di fatica e lavoro: sono le terre del Chianti e della Maremma, dove la natura, aspra ma autentica, ha il dono raro dell’intimità. 

Carpineto, nata dalla passione di due ventenni

È il 1967, nel bel mezzo di un ventennio che ha visto un bassissimo livello qualitativo della produzione vinicola italiana, quando Giovanni Carlo Sacchet e Antonio Mario Zaccheo, due giovani di 19 e 23 anni, uno veneto e l’altro pugliese, decidono di produrre un vino di livello internazionale. Iniziano acquistando 10 ettari nella zona del Chianti, già famosa al tempo del Vasari, che ne affrescò i simboli sul soffitto del Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze: un Bacco assorto accanto a un grande scudo su cui è effigiato un Gallo Nero. 

Niente più fiasco di vino, ma un prodotto di qualità in grado di competere con i cugini d’oltralpe. Nasce così la Carpineto e il suo Chianti Classico.

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Photo Credits: Instagram @carpinetowines

Vini premiati a livello internazionale

Ma il Chianti, un uvaggio, una combinazione di uve rosse adatte a sposarsi fra di loro, per raggiungere quell’equilibrio e quelle caratteristiche che un vino fatto con un solo vitigno forse non raggiungerebbe, è solo il loro punto di partenza.

Come i macchiaioli davano forma alla campagna toscana attraverso pennellate di luce e colore, “macchie” di chiaroscuro sapientemente accostate fra loro, Carlo Sacchet e Antonio Zaccheo accostano le note delle diverse uve prodotte nelle loro tenute, creando vini premiati a livello internazionale.

Fedeli alla filosofia del grande enologo Giacomo Tachis, per il quale il vino si fa nella vigna, oggi Carpineto è un’azienda di famiglia che si sviluppa su quasi 500 ettari complessivi, di cui oltre 200 a vigneto, che si estendono su cinque diverse tenute denominate Appodiati: di Montepulciano, di Montalcino, di Gaville, di Dudda e di Gavorrano.

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Photo Credits: Instagram @carpinetowines

Dall’azienda di famiglia al brand internazionale

Nel rispetto dei grandi valori storici della Toscana e di una qualità mantenuta su standard molto elevati, con l’obiettivo di tutelare non solo le caratteristiche dei vini ma anche l’ambiente, Carpineto è una realtà che beneficia della ricchezza del terreno di questa terra vocata e delle sue posizioni stupende. Un paesaggio ricamato di vigneti, oliveti e frutteti dove nascono vini delle più prestigiose DOCG che questa regione può offrire. Rossi per lo più, Riserve di grande struttura ed estratto e vini estremamente longevi come Chianti Classico, Vino Nobile di Montepulciano e Brunello di Montalcino, vincitori di numerosi premi.

Il Nobile Riserva DOCG tra i i top 100 al mondo

Vini come il Vino Nobile Riserva DOCG, che quest’anno si è posizionato all’11° posto nella classifica di Wine Spectator dei 100 migliori vini al mondo con un punteggio di 95/100 per l’annata 2013, già entrato per 3 anni anni (annata 2010, 2011, 2013) tra i top 100 al mondo nella classifica di Wine Spectator e che, con l’annata 2015, ha ottenuto le 4 viti nella Guida ai Vini d’Italia Vitae 2020.

Nel 2002 poi, i due fondatori, ancora giovanissimi nello spirito, si lanciano in una nuova sfida e acquistano, intuendo in anticipo le potenzialità di un mercato con ottimi margini di sviluppo, 165 ettari di terreno nell’alta Maremma. Nasce così La Tenuta di Carpineto a Gavorrano e il Maremma Toscana DOC Vermentino Valcolomba, un vino con i piedi per terra e lo sguardo verso il mare, un bianco che ha il colore del sole e l’aroma dei venti, quei venti salmastri che gli regalano sapidità e ricchezza. 

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Photo Credits: Instagram @carpinetowines

Oggi Carpineto è un’azienda di famiglia, un brand dal successo internazionale, con un export diretto verso oltre 70 Paesi e con una produzione complessiva di 3 milioni di bottiglie. 

Una delle artefici di questa crescita è Caterina Sacchet, produttrice, enologa e figlia di uno dei due fondatori di Carpineto.

Caterina, qual è il suo primo ricordo legato al vino? 

Sicuramente indelebili sono i primi giorni passati all’interno del laboratorio aziendale, dove mio padre mi insegnava a conoscere, a capire, come da un acino di uva si potesse produrre qualcosa di così complesso come il prodotto vino.

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Photo Credits: Instagram @carpinetowines

Cosa le ha trasmesso suo padre?

Io e mio padre avevamo un rapporto molto forte, fin da piccola mi ha sempre reso partecipe del suo lavoro trasmettendomi la passione per il vino. Tutti suoi insegnamenti e le sue considerazioni sono i miei capisaldi attuali per condurre l’intera azienda.

Sono nata e cresciuta tra i vigneti del Chianti Classico, pertanto i valori della tradizione vitivinicola sono trascritti nel mio DNA. Non potrei mai immaginare una vita al di fuori di questo contesto, che è la mia principale passione.

Cosa ha imparato dal vino? 

Il vino, e tutto ciò che lo circonda, è la mia vita e mi ha insegnato a crescere e amare con forte passione questo magico mondo.

È laureata in enologia e viticoltura, ma è sufficiente per creare un professionista in questo settore?

Sono cresciuta con un grande maestro come mio padre e ho cercato di far tesoro di qualsiasi suo insegnamento. L’università insegna le basi che ti serviranno nel mondo del lavoro, ma la grande formazione è data anche dal confronto con persone diverse che vivono in questo contesto.

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A parità di formazione, le donne hanno le stesse opportunità degli uomini?

Le donne hanno una grande potenzialità nel mondo del vino, e oggi sono anche molto ricercate; posso confermare che ora hanno grandi opportunità.

Quali difficoltà ha incontrato in un settore dominato dagli uomini e quanto è stata agevolata dall’appartenenza a una wine family? 

Sono sempre stata abituata a creare la mia strada da sola, ammetto però di aver trovato difficoltà a confrontarmi con uomini in un mondo molto maschile. Con il mio carattere molto forte, sono però riuscita a superare qualsiasi ostacolo e non mi sono mai lasciata intimorire.

Sono una donna che crede molto nelle potenzialità femminili.

Salvo imprevisti, sembra che la vendemmia 2020 sarà buona. Da quali delle vostre etichette si aspetta i risultati migliori?

Ad oggi, i presupposti per una buona vendemmia ci sono tutti, e questo ci rallegrerebbe un po’ in un anno così strano.

Come enologa, cerco sempre di trarre il meglio per ottenere il massimo della qualità per ogni singolo prodotto: ovviamente, lavorando su terroir diversi, mi aspetto evoluzioni diverse. Ma ad oggi è ancora prematuro esprimere un giudizio, tutto può succedere.

In Italia il settore vino rappresenta il 10% del fatturato e il 14% dell’export. La Carpineto esporta in molti Paesi, principalmente Stati Uniti e Canada. Come state affrontando la contrazione prevista del mercato sia interno che estero, a causa del Covid?

In Italia stiamo soffrendo di più perché il nostro fatturato è molto sbilanciato sull’HORECA (settore dell’industria alberghiera – nda), che risente fortemente della mancanza di turisti con maggiori disponibilità economiche, come i nordamericani e gli asiatici.

All’estero siamo sempre presenti nell’HORECA, bilanciata da una presenza maggiore nelle enoteche, sia indipendenti che nelle catene, tipo JWD in Germania, monopoli in Scandinavia e Canada, e altri. Di fatto, le enoteche hanno assorbito parte del volume perso dall’HORECA, consentendoci di affrontare positivamente questa crisi più che in Italia.

Come molti vini fanno un passaggio in barrique, molti enologi fanno un passaggio in Francia. Abbiamo ancora così tanto da imparare da loro o da altri Paesi produttori? E l’Italia cosa può insegnare?

In base alla mia esperienza, posso dire che c’è sempre da imparare, ma in Italia, oggi, abbiamo raggiunto alti livelli qualitativi. Siamo sempre molto legati alle nostre tradizioni, riuscendo, al contempo, ad essere più all’avanguardia di altri Paesi.

Giacomo Tachis, per tutti il padre del Sassicaia, disse che non si considerava un enologo ma un miscelatore di vini. Caterina Sacchet che enologa è? Come nasce un suo vino? 

Mi definisco una enologa molto tradizionale, ma sempre all’avanguardia. Il mio obiettivo è la qualità. E per mantenere alto questo parametro, non bisogna mai perdere di vista questo obiettivo e mai dare nulla per scontato. 

L’enologo inizia a prendere confidenza con la nuova annata durante tutto il periodo che va dalla ripresa vegetativa della pianta in vigna fino alla completa maturazione del frutto. 

Una volta in cantina, in base alle esperienze vissute, deve riuscire a estrarre le migliori caratteristiche intrinseche per ottenere il massimo della qualità che si deve preservare nel tempo.

Anche nei vini ci sono le mode. Si lascia influenzare da queste quando crea un vino?

Mi piace ascoltare il consumatore finale, che poi è colui che crea la moda o la tendenza; dai commenti ricevuti cerco di adeguare il prodotto alle richieste di mercato, ma non tralascio mai la mia personalità.

Il Brunello di Montalcino DOCG 2015, che ha ottenuto 95 punti Wine Spectator, porta la sua firma. A volte si sente dire che un certo vino è per un pubblico femminile. È vero o è solo un’etichetta? 

Il 95 punti WS per il Brunello di Montalcino sono la mia più grande soddisfazione, considerata anche la grandezza dell’annata 2015. 

Le donne hanno una certa sensibilità nell’apprezzare l’eleganza di prodotti importanti come il Brunello di Montalcino, ma tutto resta molto soggettivo e legato al contesto.

La Carpineto produce vini rossi importanti, riserve di grande struttura. Il 2010 è stato l’anno che ha visto la prima produzione di Vermentino Valcolomba. È sempre vera la storia che chi capisce il vino beve rosso e i bianchi sono di più semplice bevuta? 

Credo fermamente che sia una storia ormai superata; oggi si trovano vini bianchi talmente intensi e complessi, che possono davvero essere confrontati con rossi di una certa importanza.

Sono del parere che ad ogni momento possa essere abbinato un vino che rende quel momento ancor più unico, e questo può essere un bel bianco come un bel rosso.

In questo periodo particolare, ad esempio, io stessa prediligo più un vino bianco come il Vermentino che un bel rosso corposo come un Vino Nobile di Montepulciano.

Quali pregiudizi sul vino è ora di sradicare?

Non vedo pregiudizi particolari al momento, il vino è passione!

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