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Michele Cucuzza: «Ecco come ci si può informare correttamente, senza cadere nelle fake news» 

È uno dei volti più noti della storia del Tg2. Giornalista di cronaca, ha seguito in Italia e all’estero molte delle vicende più importanti degli ultimi anni. Per oltre 10 anni ha condotto La vita in diretta ed è stato conduttore anche di Uno Mattina. Dal 2016 è tornato in TV su TeleNorba, dove ha condotto Buon Pomeriggio, un contenitore di attualità, cronaca, spettacolo, ma anche di gente comune.

Abbiamo incontrato telefonicamente Michele Cucuzza all’indomani della puntata del Grande Fratello VIP andata in onda mercoledì 18 marzo. Il giornalista è rimasto nella Casa come concorrente per 5 settimane. Durante la puntata di mercoledì scorso, negli studi di Cinecittà, deserti per l’emergenza Coronavirus, c’erano soltanto lui e Rita Rusic.

Michele, iniziamo parlando del Grande Fratello?

Prima di tutto ci tengo a dire una cosa. In queste settimane mi si vedrà ancora per qualche tempo, fino all’8 aprile quando finirà “Il Grande Fratello VIP”, in studio. Desidero dire che io sto a casa, come tutti gli italiani. Questa è l’unica cosa da fare in questo periodo. Però una volta a settimana esco, con tutte le precauzioni del caso, e vado nello Studio di Cinecittà di Roma perché vorrei, sia pure marginalmente, contribuire per qualche ora a far staccare un po’ gli ascoltatori dalle sacrosante preoccupazioni di questi giorni. Solo per quello, altrimenti me ne starei a casa, non vado più in giro a fare televisione come prima. 

Con chi hai legato di più all’interno della Casa? Per chi fai il tifo?

Faccio il tifo per Adriana Volpe, per quanto riguarda le donne, e per Antonio Zequila tra gli uomini. Adriana è una vera leader, lo ha dimostrato in tutte queste settimane. Io la conoscevo già, siamo amici, veniamo entrambi dalla Rai. Nella casa ha dimostrato capacità di leadership che non c’entrano nulla con inciuci o altri meccanismi. Nei gruppi c’è sempre qualcuno che prima o poi viene riconosciuto dagli altri come leader. Antonio invece ha una grandissima simpatia, quella tipica del napoletano anche se è della provincia di Salerno, e recita molto bene questo ruolo del maschio alfa, del grande conquistatore, del moderno Don Giovanni.

(Adriana Volpe nella serata del 19 marzo ha lasciato il Grande Fratello Vip. Ha deciso di abbandonare il gioco dichiarando che “ci sono cose da risolvere veramente importanti” e che vuole tornare a svolgere urgentemente “il ruolo di mamma e di moglie”. La Volpe era la principale accreditata alla vittoria del reality di Canale 5, il suo abbandono è avvenuto dopo questa intervista, n.d.r.)


Come stai vivendo questo periodo di isolamento?

Beh, come tutti. Siamo di fronte a una situazione gravissima, senza precedenti. È preoccupante, non si vedono ancora, purtroppo, segni di miglioramento. Probabilmente le restrizioni verrano prolungate, e certe misure irrigidite. È inutile invocare “uniti vinceremo” e “andrà tutto bene”, o battere le mani e sventolare le bandiere sui balconi quando poi non si fanno le cose essenziali. E la cosa essenziale è evitare il contatto. Questa malattia non è nell’aria, non è che indossando la mascherina si diventa immuni. Nessuno è immune. L’unica misura è il distanziamento, perché il virus si trasmette per via aerea attraverso le goccioline che ognuno di noi inevitabilmente emette, anche mentre si parla. Quindi la sola cosa da fare, prima di applaudire, è starsene a casa. Ieri la metropolitana di Milano era stracolma. La Montagnetta di San Siro piena di gente che faceva jogging, ciclismo, sport. Tutto questo non è solo strafottenza. È segno che la gente non ha capito. Il coronavirus non è nell’aria, è potenzialmente nell’altro, anche asintomatico. Ecco perché ci obbligano a stare a casa, ed è la prima volta nella storia di questo Paese e nella storia dell’umanità che contemporaneamente tutti i governi impongono la stessa misura: stare a casa. 

Cosa pensi dei flash mob? Alcuni li hanno criticati.

Penso che sono cose carine, ma sono utili solo a passare del tempo. Può servire qualche volta a canticchiare una canzone al balcone, e va bene. Ma la prima cosa è starsene a casa, e farlo davvero. Non basta dirlo, e poi appena è possibile uscire. Io passo il mio tempo facendo dirette su Instagram, vengo invitato da un numero sterminato di persone a fare dirette. La cosa principale che fanno gli italiani è parlare, chiacchierare. In questo momento si chiacchiera dai balconi, dai social. Sono iniziative simpatiche, ma non possono essere sostitutive delle misure importanti da prendere, prima di tutto non uscire. Siamo ancora in una fase progressione geometrica del contagio, dove ogni giorno il numero dei nuovi casi supera quello del giorno precedente, perché evidentemente ci sono ancora contatti. Non essendoci una cura, in questo momento l’unica soluzione è il distanziamento. Non è un invito cortese, è un obbligo.

Vuoi dare qualche consiglio ai nostri su come passare il tempo?

Anche starsene davanti alla TV, se uno proprio non sa cosa fare. E informarsi. Stiamo vivendo la più grande emergenza dopo l’epidemia di Spagnola del 1918 che fece tra i 50 e i 100 milioni di morti. Una straordinaria emergenza che quasi nessuno di noi conosce perché non studiamo, non leggiamo, non ci informiamo. Non ci interessa nulla a parte quello ce c’è sui social oggi, perché quello che c’era ieri è già superato. Invece sarebbe interessante informarsi su quella pandemia, che fu peggiore della peste nera del Trecento. La Spagnola aveva le stesse caratteristiche della pandemia di oggi: broncopolmonite, febbre alta e un gran numero di decessi. Fece più vittime delle guerre mondiali. Scoppiò prima della conclusione della Grande Guerra, e nelle trincee dove c’era poca alimentazione e poca igiene i soldati si ammalavano a migliaia. L’epidemia si diffuse nel mondo, arrivando anche nelle isole dell’Oceania, pur essendo avvenuta all’inizio del XX secolo. Bisogna capire che quella che stiamo vivendo oggi è la terza grande emergenza sanitaria della storia dell’umanità.

Di fronte a coloro che ancora si comportano in maniera leggera e irresponsabile, c’è il sacrificio di tanti altri come medici, personale sanitario, forze dell’ordine. Vuoi dire una parola per loro?

Grazie ai medici, molti dei quali si sono ammalati. Sono i veri eroi di questa guerra terribile. Dobbiamo essere loro riconoscenti e grati, e soprattutto non li dobbiamo intralciare. Le nostre terapie intensive, specie nell’epicentro che è la Lombardia, stanno facendo sforzi sovrumani per soccorrere e curare queste persone. Sono stati assunti cinquemila nuovi medici senza l’esame di Stato, studenti che hanno preso la laurea in medicina e improvvisamente vengono messi nelle corsie perché non c’è tempo per fare l’esame di abilitazione. Lo vogliamo capire o no che è una situazione di emergenza spaventosa, che non è una cosa da sottovalutare? La terapia intensiva è fondamentale, purtroppo paghiamo anche i tagli fatti alla Sanità, e speriamo che questo non accada mai più. Si vedeva la Sanità come un territorio di sprechi e si continuava a tagliare. Certo, nessuno poteva prevedere questa pandemia. Ma speriamo che a nessuno venga più in mente di operare tagli a questo settore.

Nel tuo nuovo libro, “Fuori dalle bolle! Come sottrarsi alle supercazzole in rete” (Curcio Editore), spieghi anche come diventare più abili nel distinguere le notizie verificate dalle bufale. Vuoi dirci qualcosa in merito?

Intanto il titolo è un gioco di parole: fuori dalle bolle per dire “fuori dalle balle!”. Ma cosa sono le bolle? Non sono io che ho inventato questa definizione, gli studiosi che si occupano di internet da anni le chiamano “filter bubbles”, cioè le bolle di filtraggio. La bolla di filtraggio altro non è che il risultato del sistema di personalizzazione delle ricerche sui siti, che registrano la storia del comportamento di ogni utente. Per questo ognuno riceve sul suo dispositivo dei link personalizzati in base ai propri interessi di ricerca. Dietro non c’è nulla di diabolico, nessun complotto. È una questione di algoritmi, che sono alla base del funzionamento di internet. Siamo tutti profilati: conoscono i nostri gusti, cosa compriamo, in quali ristoranti andiamo a mangiare, se facciamo sport oppure no, cosa diciamo nei commenti, quali argomenti ci interessano e così via.

Tutto questo fa si che le notizie che arrivano alle nostre pagine e ai nostri account spontaneamente corrispondano al nostro tipo di profilo. Siamo tutti dentro una bolla, la bolla della nostra esistenza, del nostro quotidiano. In realtà questa è una cosa estremamente comoda per tutti. A chi dispiace avere delle informazioni sulle cose a cui uno tiene? Sarebbe da sciocchi dire: “no, non le voglio”. C’è una grande comodità, che però può trasformarsi in una sorta di passività. Il rischio è quello di illudersi che tutto il sapere sia racchiuso in quella bolla, e di adagiarsi. Invece sappiamo bene che la realtà è molto più ricca. Quindi nel libro dico due cose: per prima cosa facciamo attenzione a non finire adagiati in queste bolle, e in secondo luogo diamoci una mossa, svegliamoci, prendiamo noi l’iniziativa, andiamo noi a cercare altre cose. E cerchiamo di fare più attenzione alle notizie.

A questo proposito, perché in rete circolano tante fake news?

Internet è una straordinaria conquista, la più grande nella storia dell’umanità. Mai in precedenza a tutti era data la possibilità di accedere alle fonti. Prima l’informazione era in mano alle élite, che tenevano il popolo nell’ignoranza. Oggi tutti possono accedere al sapere e alle informazioni, tanto è vero che i Paesi con regimi autoritari cercano di impedire l’accesso al web. Inoltre, per la prima volta, tutti possono esprimere la propria opinione, mentre prima lo facevano soltanto gli addetti ai lavori, politici, giornalisti, opinionisti. Tutto questo è bellissimo ed estremamente positivo. Succede però che tutte queste opinioni vanno a confluire nella stessa vasca: l’opinione di chi non sa nulla di nulla, che però ha il diritto ad esprimere la propria opinione, insieme a quella dell’esperto, insieme alla tua che sei una giornalista, insieme a quella del professore che ha studiato una vita una cosa, e a quella di chi vuole odiare e diffondere fake news. Tutto dentro. Ecco come nascono le fake news.

Come ci si può informare correttamente?

Bisogna svegliarsi, non accettare passivamente ciò che si trova sul web. Non tutto quello che è in rete è oro colato. Bisogna verificare, cercare, confrontare, controllare, dubitare. Non accontentarsi delle prime cose comode che ci arrivano, perché il rischi o è quello di finire dentro le bolle. Non informarsi mai soltanto attraverso i social. Questo è un problema che riguarda soprattutto i giovani, ed il rischio di cadere nelle supercazzole è notevole. Va bene informarsi sui social, ma dobbiamo farlo anche attraverso i giornali online, i giornali cartacei, i telegiornali, le TV straniere. Noi giornalisti siamo avvantaggiati, perché il nostro mestiere ci insegna a verificare le notizie. Ma anche gli altri non devono adagiarsi nell’accettare passivamente tutte le informazioni che arrivano. Tra quelle ci sono parecchie bufale, specialmente in questo periodo. Per esempio i messaggi che circolano su whatsapp con i presunti modi per diagnosticare il coronavirus, come quello di trattenere per 10 secondi il respiro. Non è certamente con questa stupidaggine che si può capire se ci si è ammalati, sono ben altri i sintomi. 

 

 

 

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