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Antonio Marras, il fashion film SS22 è un tributo alla Sardegna ferita dagli incendi

Antonio Marras ha presentato la collezione Primavera/Estate 2022. Il fashion show presentato alla Milano Fashion Week è dedicato alle profonde ferite riportate dalla sua terra a causa degli incendi nell’estate appena trascorsa.

Antonio Marras e la Sardegna, un legame viscerale e indissolubile. Il designer aveva ambientato la collezione AI 2021 nel complesso nuragico di Barumini. Ed ora torna nella sua terra, ferita dagli incedi dell’estate appena trascorsa. Leitmotiv del video realizzato  per presentare la sua collezione Primavera/Estate 2022 una frase della canzone di Nada “Il cuore è uno zingaro”: «Avevo una ferita in fondo al cuore». E un’invocazione a Santu Lussurgiu, il martire Lussorio dal quale prende il nome la località più colpita dal gigantesco rogo che ha devastato il Montiferru.

Il Montiferru è una zona che si trova proprio al centro della Sardegna. Una lussureggiante foresta di lecci, querce, castagni, roverelle e sughere secolari popolati da cervi e mufloni e sorvolati da falchi e grifoni. 

Antonio Marras, il fashion film SS22 e le ferite della Sardegna devastata dalle fiamme

Un territorio stravolto dagli incendi dell’estate 2021. Le fiamme hanno incenerito ettari ed ettari di terreno, di macchia mediterranea, boschi, pascoli, ulivi, capannoni, fienili con le scorte di foraggio e mezzi agricoli. Hanno raggiunto e sterminato anche gli animali indifesi e ignari. Gli uccelli come picchi, pernici, falchi e gufi, le mucche e i cavalli, le lepri, i ricci e i cinghiali.

Una ferita in fondo al cuore: fuoco e fiamme non hanno lasciato intentato nessun sentiero, nessuna macchia mediterranea, nessuna pietra, nessun cammino disarticolato, tortuoso e ripido sino alla montagna, sino a Badde Urbara. 

Un disastro di proporzioni immense. Un dolore smisurato. Eppure, secondo la tradizione cattolica, il percorso della civiltà è iniziato proprio nel momento in cui Sant’Antonio è sceso sotto terra a strappare un po’ di fuoco al Diavolo. Tradizioni e leggende legate al mitico al fuoco che accomuna, incanta, riscalda, ispira racconti e storie, ma può anche uccidere e devastare. Tutto è andato inesorabilmente in fumo. 

L’ambientazione nelle foreste ridotte a cumuli di carbone

Così nel fashion film della collezione Primavera/Estate 2022 di Antonio Marras, ragazzi e ragazze, disorientati e increduli, si aggirano tra la foresta ferita per renderle omaggio. Tra narrazioni della memoria, visioni di culture popolari e paesaggi surreali, i ragazzi si incontrano e insieme sfilano tra braci di raso. Camminano in terreni scomposti, inusuali e complicati avvolti dai riflessi, i riverberi e i luccichii del sole a picco. Un sole evanescente ed invisibile ma presentissimo. Lo si può sentire ma non vedere, avvolto tra cieli grigi e arroventati. Le figure vagano tra i meandri di una terra ostile ma fantastica, cupa ma incantevole, sconosciuta ma invitante. È un paesaggio lunare, è il medioevo post-industriale. 

I boschi sono ormai ramificazioni di corallo nero. Gli alberi sono segni nervosi tracciati a carboncino su un foglio cenere. Le rocce sono fossili del pre nuragico dove solo i giganti trovavano casa, il terreno è un acciottolato immacolato di fuliggine e sassi ancora arroventati. 

I pezzi della collezione Antonio Marras SS22

Le donne di Antonio Marras sono figure sfocate come apparizioni in écru tinto nel tè o nere pece o stampe a rose. Indossano camice incastrate di pizzi, ritagli, sangallo, ricami. Indossano tulli, cotoni, pizzi tridimensionali e voile. Tailleur fiorati e ricamati. Giubbotti over intarsiati, lingerie a vista, ampi gonnelloni e texani. Gli uomini sono dei puzzle di intarsi, quadri, tartan, righe e fiori. Sono ragazzi interrotti e disarticolati. Vagano, tutti, in un altro universo, in un altro tempo. Un tempo sospeso. Un tempo totale che intreccia radici e racconti e favole e previsioni del futuro e uomini e donne che si cercano, si perdono, si aspettano. Il mare è lontano. Lontano dai sensi e lontano dal cuore.

Salgono lentamente in superficie, i personaggi della terra desolata, riscoprendo l’immagine di un pensiero che viene da lontano, dalle Janas, dalle zone nuragiche, dalle migrazioni, dalle transumanze. Il movimento è contrazione ed estensione, ondivago, organizzato non più secondo l’ordinarietà del tempo del presente, ma in una scansione temporale dove ogni istante si divide infinitamente nel passato e nel futuro che sussistono nello stesso tempo. Nel racconto di Antonio Marras, la storia si intreccia al filo della leggenda. I personaggi si posizionano in una zona neutra dalla quale si distribuiscono, nomadi ed irregolari, spauriti, per ripopolare e ridare vita al luogo più bello del mondo.

La speranza nella guarigione e nella rinascita

“Avevo una ferita in fondo al cuore, la sentivo, la sentivo bruciare, ma non volevo soffrire”, dice la voce di Nada, calda come quelle fiamme. E come rivela Antonio Marras: «Passo dopo passo, la ferita era sempre lì. Continuavo a sentirla. Allora mi sono messa a correre tra montagne, fiumi, laghi, ma la ferita stava sempre lì. Ho scavato, aperto, dilaniato, lacerato, sanguinato: il cuore si gonfia, diventa una palla, diventa una forza che spacca milioni di ombre nell’aria limpida che nasconde malvagità. Ho così preso, toccato, guardato la ferita e col tempo l’ho ricucita. Ora è un ricamo in fondo al cuore».

Rinascerà tutto più rigoglioso di prima, ritornerà il verde e rifioriranno le rose. Guarirà quella ferita in fondo al cuore, deve guarire per forza. È questo il messaggio d’amore di Antonio Marras per la sua splendida Terra.

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